Il “fascismo movimento” delle origini propugnava idee in antitesi alla Destra tradizionale di inizio secolo, condividendo con essa aspetti legati al nazionalismo, ai miti connessi all’idea di patria ma favorevole ad esempio rispetto all’emancipazione delle donne, a politiche maggiormente redistributive, ai temi del sindacalismo rivoluzionario non marxista. Tutto questo diversamente dal “fascismo regime” che prende l’avvio nel 1923, quando l’Associazione Nazionalista Italiana si fuse con il fascismo, che inglobò, dopo il 1925, le forze conservatrici e monarchiche del paese, assumendo un carattere più propriamente di destra, seppur aperta a politiche assistenziali per tutelare le classi meno abbienti e all’intervento statale in economia, oltreché alle idee keynesiane, fortemente influenzate dal massimo dirigente dell’IRI, il socialista riformista Alberto Beneduce; nell’ultima fase furono propugnati anche piani di socializzazione embrionali, oltre al tentativo di rendere il paese economicamente ed energeticamente autonomo, con l’apertura alle energie rinnovabili e le politiche decisamente autarchiche degli anni appena precedenti alla guerra, politiche molto avversate dalle classi abbienti. Solo nella RSI il “fascismo repubblicano” tornò alle origini, eliminando totalmente riferimenti alla destra e promuovendo la socializzazione dell’economia.